I pericoli/contaminanti chimici possono avere una provenienza eterogenea, potendo derivare da:
- materie prime
- diffusioni e cessioni degli impianti, dei materiali di confezionamento
- residui: di pratiche agronomiche (pesticidi, fitofarmaci, antiparassitari, erbicidi, derattizzanti, acaricidi, etc)
- residui: di pratiche veterinarie (antibiotici, sulfamidici, etc.)
- residui: di pratiche zootecniche (anabolizzanti, ormoni, etc.)
- residui: di trattamenti di lavaggio e disinfezione (detergenti, etc.)
- residui: di scarichi industriali (prodotti chimici organici ed inorganici, etc)
- residui: di contaminanti ambientali (inquinamento, etc.)
- sostanze tossiche di neoformazione
- inquinamento ambientale.
Tra i tanti potenziali inquinanti chimici, prendiamo in considerazione alcuni tra i maggiormente significativi:
- Fitofarmaci
- Farmaci, ormoni e anabolizzanti
- Metalli pesanti
- Monomeri residui di polimerizzazione
- Micotossine
- Diossine
- Encefalopatia spongiforme bovina (BSE)
a) Fitofarmaci
I fitofarmaci sono sostanze dotate di tossicità elevata per i parassiti di origine animale o vegetale ed includono composti ben noti quali insetticidi, anticrittogamici o fungicidi, rodenticidi ed erbicidi, etc. Essi hanno contribuito in modo determinante a debellare numerose malattie aventi come vettori gli insetti oltre a consentire significativi incrementi della produttività agricola e della conservazione delle derrate.
Il rischio è tuttavia rappresentato dalla loro persistenza all’interno degli alimenti trattati, originando residui il cui controllo è molto importante per la tutela della salute dei consumatori.
b) Farmaci, ormoni e anabolizzanti
Un altro importante aspetto è quello della contaminazione delle produzioni zootecniche da farmaci (in particolare antibiotici), ormoni ed additivi per aumentare la quantità delle produzioni.
Gli ormoni anabolizzanti permettono di aumentare di parecchio la produzione zootecnica in quanto esercitano un’azione di stimolo alla sintesi proteica.
Alcuni di essi hanno tuttavia il grave inconveniente di residuare nelle produzioni zootecniche e quindi di continuare ad esplicare i loro effetti sui consumatori.
In qualche modo analoghi sono i problemi di contaminazione degli alimenti associati ai farmaci veterinari il cui uso è molto diffuso per effetto dello sviluppo di allevamenti intensivi che determina sugli animali gravi stress per la propria salute.
c) Metalli pesanti
Tra i potenziali contaminanti chimici ambientali degli alimenti i più diffusi sono i metalli pesanti quali piombo, cadmio, mercurio, selenio, zinco, cromo e arsenico. L’esposizione a questi contaminanti avviene sia attraverso alimenti ed acqua che attraverso l’aria con effetto cumulativo non trascurabile.
Negli alimenti la presenza di piombo può derivare dalla contaminazione ambientale delle materie prime, dai processi di trasformazione, dall’impiego di contenitori che possono cedere il metallo alla massa di prodotto. Gli effetti del piombo sul sistema nervoso sono gravi soprattutto sui bambini provocando deficit intellettivi talora irreversibili.
La contaminazione relativa al cadmio dipende invece essenzialmente da una sua presenza eccessiva nel suolo e dalla capacità della pianta di assorbirlo, mentre meno importanti sono le contaminazioni dell’acqua e dell’aria: diverse pratiche agricole quali l’uso di fertilizzanti fosfatici, l’utilizzazione di acqua di scarico e l’impiego in agricoltura di prodotti derivati da rifiuti urbani possono, oltre alle emissioni industriali, contribuire ad aumentare il livello di Cd nel suolo e, quindi, negli alimenti sia vegetali che animali.
Diverso è il caso del mercurio: il mercurio esiste nell’ambiente acquatico principalmente come metilmercurio, una forma organica dotata di elevata tossicità sul sistema nervoso centrale. La principale via di esposizione della popolazione al metilmercurio è il consumo di prodotti ittici e particolarmente di specie predatrici quali tonni e squaloidi. Il pescato presenta talvolta livelli di metilmercurio elevati a causa della contaminazione da scarichi industriali (soprattutto industrie elettrochimiche) e dalla presenza di aree costiere naturalmente ricche di minerali di mercurio (ad esempio il Monte Amiata).
Il selenio è un elemento essenziale per l’uomo ma un’eccessiva esposizione (superiore a 200 mg/giorno) può essere tossica; in particolare presentano valori piuttosto elevati di selenio i prodotti ittici, le uova, i formaggi ed il pane.
d) Monomeri residui di polimerizzazione
I contenitori degli alimenti sono essenziali per proteggerli dall’attacco degli agenti atmosferici durante la conservazione e la distribuzione, nonché per assicurarne l’igiene, ma essi possono essere anche fonte di contaminazione per gli alimenti stessi. I materiali destinati a venire a contatto includono carte, vetri, plastiche, metalli e legno e nessuno di essi è inerte dal punto di vista della cessione di contaminanti agli alimenti contenuti
Il caso delle plastiche è ben noto per limitate ma importanti cessioni di sostanze tossiche quali monomeri residui dei processi di polimerizzazione (ad esempio il cloruro di vinile e lo stirene) e altre sostanze utilizzate come catalizzatori e modificatori delle proprietà della plastica. L’entità della cessione dipende non solo dalle caratteristiche del materiale di cui è formato il contenitore, ma anche dall’alimento contenuto.
e) Residui di detergenti
Parecchi sono i composti utilizzati nei processi di sanificazione che in quantità elevate possono causare fenomeni di contaminazione sia alterativi che in particolari condizioni anche tossici; è noto il problema dell’eutrofizzazione delle acque ad opera dei composti polifosfati, ma ancor più grave è la persistenza di sostanze utilizzate come detergenti che passando attraverso gli alimenti si accumulano in particolare a livello di fegato e reni.
f) Micotossine
Le micotossine sono tossine prodotte da determinati funghi o muffe che si sviluppano in alimenti come arachidi, noci o nocciole, mais, cereali, germogli di soia, mangimi per animali, frutta secca e spezie. Le tossine possono essere prodotte durante la crescita delle piante o svilupparsi successivamente in seguito ad una conservazione o ad un trattamento impropri. Le micotossine possono anche introdursi nella catena alimentare attraverso la carne o altri prodotti di origine animale come le uova, il latte e il formaggio, provenienti da bestiame che abbia consumato mangime o alimenti contaminati.
Le effettive conseguenze sulla salute dipendono dalla quantità di micotossine ingerite. Si ritiene, per esempio, che la continua assunzione di aflatossine sia associata al cancro al fegato nei soggetti affetti da Epatite B. Altre micotossine sono state correlate a patologie dei reni e del fegato.
g) Diossine
Le diossine sono sottoprodotti della fabbricazione di determinate sostanze chimiche industriali, dell’incenerimento o della combustione. Sono contaminanti che rimangono nell’ambiente per molti anni e riescono ad arrivare fino agli alimenti. Nel pesce, la principale causa di contaminazione da diossina è l’acqua inquinata, mentre gli altri animali sono per lo più esposti alle diossine presenti nell’aria. Queste sostanze si depositano sulle piante, e in particolare sul foraggio, che viene poi mangiato dagli animali. La diossina si concentra nei tessuti adiposi del bestiame e del pesce. Oltre il 90% dell’esposizione umana alla diossina avviene attraverso gli alimenti; quelli di origine animale rappresentano in genere circa l’80% dell’esposizione totale. Malgrado gli incidenti occasionali (es. Belgio, 1999, pollo alla diossina), i dati disponibili dimostrano che l’esposizione alla diossina, nella popolazione europea, è diminuita nel corso degli ultimi dieci anni. L’attuale politica dell’UE in materia si prefigge un’ulteriore riduzione dei livelli di contaminazione da diossine nell’ambiente, nel foraggio e negli alimenti, al fine di garantire una maggior tutela della salute pubblica. Poiché è risaputo che gli effetti cancerogeni di queste sostanze non si riscontrano al di sotto di una determinata soglia, l’obiettivo generale è ridurre del 25% circa, entro il 2006, i livelli di diossina nei prodotti e la conseguente esposizione dell’uomo. Casi specifici di inquinamento da diossina derivano dalla combustione dei rifiuti solidi urbani (mozzarella di bufala, etc. in campania).
h) Encefalopatia spongiforme bovina (BSE)
L’Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE), nota comunemente come “morbo della mucca pazza” è una malattia neurologica di tipo degenerativo ad esito fatale che colpisce i bovini. Il morbo prende il nome dalle caratteristiche alterazioni spugnose che provoca al cervello. Vi sono varie teorie riguardo la causa e il vettore della BSE. Secondo una di queste, gli agenti responsabili del morbo sarebbero i “prioni trasmissibili”. “Prione” è il termine generico usato per diverse proteine che si trovano essenzialmente nel cervello, ma anche in molti altri tessuti dell’uomo e degli animali. I “prioni trasmissibili” sono prioni anomali capaci di interagire, nei tessuti animali e principalmente nel cervello e nel sistema nervoso centrale, con quelli normali trasformandoli in “prioni trasmissibili”. La modalità di trasmissione della BSE non è ancora stata determinata. Si ritiene al momento che i bovini possano essere stati infettati dal morbo attraverso l’assunzione di farine di carne e ossa o di mangimi ricavati da carcasse di animali affetti da BSE. Benché non sia stato formalmente stabilito un nesso causale tra l’ingestione di materiale infetto da BSE e la variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob (vMCJ), si ritiene che soltanto le persone che abbiano consumato “materiale specifico a rischio” (MSR) siano a rischio di contrarre la vMCJ. Il “materiale specifico a rischio” è costituito dalle parti del bovino più sensibili al contagio del morbo della BSE e comprende il sistema nervoso centrale, incluso il cervello, la colonna vertebrale, gli occhi e parte dell’intestino crasso. L’agente della BSE non è stato riscontrato nei muscoli e nel latte, alimenti considerati sicuri dagli esperti dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dell’Unione Europea.
Considerazioni finali
Mentre gli effetti sulla salute dei contaminanti di origine biologica si manifestano in genere in modo acuto, cioè a breve distanza dall’ingestione dell’alimento contaminato, quelli di assunzione a bassi livelli di contaminanti chimici (eccezion fatta per le aflatossine o per assunzione di alte concentrazioni di contaminanti) hanno carattere più subdolo e si manifestano a distanza di tempo dall’esposizione con sintomi variabili e difficilmente individuabili.